Qui l'artcolo che riporta le affermazioni del Santo Padre sui rifugiati:
Alcune brevi considerazioni:
Attenzione se si parla di rifugiati veri , su questi il Papa ha ragione .Dobbiamo accoglierli al meglio magari si chiedendo di condividere l'accoglienza in tutta la ue.Un rifugiato politico vero è uno che davvero era impegnato in politica nel suo paese.Un esempio di veri rifugiati sono i Tuareg del Mali(scommetto che siccome cercano l'indipendenza dal mali e la crisi sta facendo finta di gestirla per l'ONU mr.Prodi non ve ne hanno mai parlato!) .Da quanto ho letto anche i rifugiati cubani però sono poco graditi da certe rappresentanti delle istituzioni italiche.Forse stanno dalla parte sbagliata?
Il Papa certamente non intende invece quei delinquenti che si spacciano per rifugiati con associazioni compiacenti che gli scrivono a spese dello stato richieste d'asilo improbabili e se non ottengono soldi comunque spaccano tutto.In passato il Papa ha condannato fermamente clandestinità e trafficanti di uomini.
Non si faccia confusione tra un vero rifugiato che si è sbattuto in politica nel suo paese e chi semplicemente arriva con i barconi dalla Tunisia perché la Tunisia non gli permette di imbarcarsi su un traghetto o un aereo che costa meno di 200 euro perché è pregiudicato sia in Italia che in Tunisia.il primo è un rifugiato, il secondo un delinquente che paga le mafie .
Su chi muove i traffici; se questa testimonianza fosse vera fa davvero orrore, riguarda Don Zerai indagato (2017) nell'ambito delle inchieste sul traffico di esseri umani .Come mai nessuno ha fatto nulla finora?
Siccome ad oggi il sito è stato chiuso si riporta qui il contenuto:
Un prete eritreo riceve una telefonata, l’ennesima. E’ sempre lui, Don Mosé Zerai, tutti i passeurs hanno il suo numero. Dietro ogni sbarco con “telefonata”, c’è il prete eritreo. Prima c’era anche Boldrini, ora ha altri impegni. Il traffico funziona in questo modo. Si prende il mare dalla Libia, poi si danneggia il barcone e si avvisa Don Mosè Zerai – il sacerdote eritreo responsabile dell’agenzia Habeshia – da quel momento parte la segnalazione del sacerdote alla Guardia Costiera: “mi hanno chiamato e stanno affondando, sono…”. Il resto lo immaginate: i nostri “crocerossini” corrono in acque libiche a prendersi i clandestini. In basso troverete una serie di screenshots che il “prete” pubblica sulla sua pagina Facebook, segnalando ai coloni già presenti in Italia la sua attività. Tutto avviene alla luce del sole. Con la protezione del Vaticano. Poi, però, quelli che lui definisce profughi – di quale guerra? – non finiscono in Vaticano, ma nelle nostre città. Intanto nessun magistrato indaga. Eppure ci sarebbero ottimi motivi: come mai gli scafisti hanno il suo numero? Conoscete disperati col satellitare? E’, il prete, per caso anche implicato nella truffa dei falsi profughi minorenni? A quanto pare, la procura di Roma non han tempo per indagare Don Mosè Zerai e i suoi strani contatti. Il business dei “profughi” è un business fiorente che ha ben attecchito nella cerchia dei“preti” xenofili e delle loro associazioni. Non è quindi bizzarro che, visti i soldi che ogni immigrato vale per l’associazione che lo ospita, la stessa cerchi di farne arrivare il più possibile. Bizzarro è che nessuno indaghi. Intanto, altri 1000 invasori – e altri in arrivo secondo Zerai, che è più aggiornato dell’Ansa, sono stati raccolti dalla Guardia Costiera e, da oggi, riceveranno 45€ al giorno delle nostre tasse. Vitto e alloggio escluso, ovviamente. Ancora più scioccante, è che la Guardia Costiera risponda con ossequio al ‘prete’- lo leggerete negli screenshots in basso – e che, una volta salvato il barcone, la prima volta, non abbia richiesto indagini su questo personaggio che riceve chiamate dai trafficanti di carne umana. No, continuano a correre dove lui li manda.
Nessuno fa un’interrogazione parlamentare?"
Sempre in tema invece di finti rifugiati e sul business che ci gira in torno vi consiglio di leggere un articolo comparso qualche anno fa su la repubblica edizione barese:
Ecco il business dell'asilo politico a Bari
"Record di domande a Bari. E c´è chi fugge dal villaggio invaso dalle scimmie
di Giuliano Foschini
Più che a Milano, secondi in Italia soltanto a Roma. Bari è tra le città italiane preferite dagli extracomunitari che richiedono asilo politico. Lo dimostrano i dati del ministero dell´Interno, aggiornati a settembre: dall´inizio dell´anno, infatti, a Bari sono arrivate 1.666 richieste contro le 1.279 torinesi o le 1.122 milanesi. La percentuale di accoglimento delle richieste è però bassa, anche sotto quel 40 per cento di media nazionale. Ancora più basse sono le percentuali degli accoglimenti - da parte dei tribunali civili e amministrativi - dei ricorsi contro i dinieghi.
Nonostante questo, però, i ricorsi presentati sono centinaia e centinaia: come hanno denunciato ormai da tempo le stesse associazioni che tutelano i diritti degli immigrati, esiste una fitta rete creata da alcuni legali che, anche in mancanza di requisiti seri, illudono gli immigrati presentando ricorso. In questa maniera intascano la parcella (da qui, secondo molti, l´incremento dei mendicanti stranieri per strada) oppure accedono al fondo destinato alle spese di ufficio.
Spesso i ricorsi sono assolutamente insensati da un punto di visto giuridico. E non solo. Emblematico è il ricorso presentato il 15 dicembre del 2008 da un cittadino ganese, rappresentato dall´avvocato Costantino Nardella. Così come ricostruisce il giudice Achille Bianchi nella sentenza depositata nei giorni scorsi, l´extracomunitario e il suo legale hanno messo per iscritto una storia incredibile per motivare la presunta insensatezza del diniego. «L´uomo ha narrato - scrive il giudice - in sede di audizione che viveva nella città di Sunyani, invasa dalle scimmie». Sì, scimmie. «Un giorno - giura l´uomo - il padre aveva ucciso una scimmia arrampicatasi su un albero vicino alla loro casa. Qualche giorno dopo, poi, vi è stata un´invasione di circa 1.500 scimmie, che avevano distrutto l´abitazione e ucciso la madre, in quel momento sola».
Il racconto sull´invasione delle scimmie assassine, però, non finisce qua. Il ragazzo ha raccontato che "tornato dal lavoro e trovata la madre dissanguata e senza vita, aveva lasciato il paese, il 2 agosto del 2007. E dopo essere passato in Libia nel luglio del 2008 era arrivato in Italia". Da qui, la richiesta sull´asilo: «Temo di rientrare in patria - ha dichiarato l´uomo, tramite il suo legale - perché ho paura delle scimmie che vivono nella mia città e da anni vanno in giro come uomini»."
E se fosse lo stesso che ha scritto la richiesta di asilo per il picconatore di Milano Kabobo nonostante quest'ultimo non sapesse scrivere? Ebbene si, la pratica sembra sia stata fatta lo stesso studio a Bari!
Una considerazione finale che voglio porre in forma di domanda retorica: ma un immigrato regolare e un italiano che pagano le tasse a vedere queste come sentiranno questo Stato?