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sabato 27 agosto 2016

il nuovo Stato sociale: quello "benefit" privatizzato







A causa della modifica del titolo V della Costituzione imposta dall'Unione Europea e con una singolare interpretazione del principio di sussidiarietà si è assistito all'arretramento della funzione dello Stato nella fornitura di servizi pubblici e di welfare.
Abbiamo visto sempre più di frequente lo Stato, le regioni, i comuni con scarsità di mezzi, a causa dei paletti Ue, e nello stesso tempo il fiorire di Onlus, facenti parte del cosiddetto terzo settore, la cui riforma è iniziata sotto il Governo Monti e terminata proprio a Giugno 2016.  http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/dirittoCivile/2016-06-10/la-riforma-terzo-settore-e-legge-novita-associazioni-e-imprese-sociali-174522.php

Numerose Onlus le abbiamo viste anche in situazioni di emergenza rimpiazzare lo Stato: accoglienza ai migranti ed addirittura salvataggio in mare con equipaggi dedicati alla ricerca e al soccorso come la Nave di medici senza frontiere.

Ci si chiederà se le Onlus e la riforma del terzo settore rappresentino un punto di arrivo del cambiamento del welfare desiderato da Ue ed organismi sovranazionali.
Nel recente terremoto, anche a seguito di uno studio europeo ordinato dalla Commissione Europea, si sta ventilando l'Italia che in futuro non sarà più possibile che lo Stato possa contribuire alla ricostruzione delle abitazioni danneggiate.



Le onlus sono "non lucrative".Ci si domanda quindi : c'è la possibilità e c'è in programma di trasformare le loro attività  in una modalità  "lucrativa" le attività svolte dalle Onlus e dallo Stato?

La risposta, a mio avviso, è che la fase successiva potrebbe essere quella di far diventare lucrativo lo Stato sociale e portare il profitto nel fornire i servizi pubblici.
Come sarebbe possibile ?
Con l'invenzione delle società benefit, di cui l'Italia è particolarmente all'avanguardia dal punto di vista normativo, spinta particolarmente da un esponente del Partito Democratico Mauro Del Barba.
In sordina la vigilia di Natale del 2015 https://twitter.com/lucabattanta/status/680080994347708417
lanciavo l'allarme sull'arrivo.Grazie a questo passo legislativo si manifesterà  il cosiddetto "welfare compassionevole", portato da grandi multinazionali che passano a gestire "eticamente" servizi pubblici ed alla persona.
Lo scopo ufficiale della società benefit è quello di soddisfare gli stakeholder quindi tutti quegli interlocutori e portatori di interesse che hanno a che fare con l'impresa.Tra questi possiamo annoverare: i lavoratori, i sindacati e certamente  benefici per la comunità locale (che nel caso dei servizi alla persona o di pubblica utilità coincide con il cliente dell'impresa benefit).
Come capire se stiamo parlando di una società benefit? Quale ne sarebbe la discriminante?
Un rapporto! Una relazione sulla presunta eticità del business!
Su un recente articolo del corriere compaiono due punti che è interessante riportare qui:
http://sociale.corriere.it/societa-benefit-litalia-ha-il-primato-europeo-il-boom-delle-b-corp-che-fa-paura/


Le b-corp piacciono anche alle multinazionali. Dopo Unilever si è mossa in questa direzione anche Danone. Lorna Davis, chief manifesto catalyst aziendale, ha partecipato al summit romano. Pur non essendo una benefit corporation, Danone si è impegnata a valutare la propria attività seguendo gli standar benefit. Saranno quindici le società dell’azienda coinvolte nella sperimentazione.
Una frontiera che forse intimorisce le imprese sociali. Le b-corp prendono infatti i migliori valori del non profit e li applicano all’attività imprenditoriale for profit. Una fusione innovativa, ideologica e concreta che qualcuno interpreta come un ulteriore elemento d’incertezza per il terzo settore. 
A fronte di quanto letto poco sopra: vi immaginate società (che gestiscono cura alle persone, sanità o servizi di prima necessità) benefit dopo la privatizzazione delle municipalizzate che sta proprio verificandosi in questi mesi?
Riuscite ad ipotizzare che una grande multinazionale possa aspirare a diventare "benefit" proprio per un servizio oggi fornito tramite il welfare statale?
Cosa potrebbe accadere all'accesso primario ad esempio di cure mediche o della gestione idrica o delle comunità di recupero?
Ed infine: se le imprese del terzo settore sono "intimorite" applicando le idee del no profit facendole diventare "profittevoli"  non c'è il rischio che molte onlus possano essere assorbite da grandi multinazionali con migliore efficienza di costi e con scopo di lucro?  Per fornire gli stessi servizi precedentemente forniti da loro e da uno Stato sempre più compresso da vincoli di deficit Ue e di una moneta, una politica economica dettata a livello comunitario sempre più avversa all'intervento del settore pubblico non si spingerà tramite le società benefit per una riduzione del welfare e la creazione di oligopoli privati di gestione del welfare?