Twitter

venerdì 4 ottobre 2013

Il corriere spaccia il popolo Berbero come trafficante di uomini?

Pubblico qui sotto un interessante contributo del professor Brugnatelli, uno dei massimi esperti italiani delle comunità berbere.
Condivido pienamente gli appunti che fa al corriere della Sera ed al giornalista.
E' incredibile che un popolo pacifico come quello Berbero possa passare per trafficante di uomini su un quotidiano italiano
Mi sembra che ci siano troppi soggetti che stanno cercando di scaricare il naufragio di Lampedusa  e i suoi morti(per cui preghiamo) causati da un rogo sul barcone, sulle leggi italiane o su popoli innocenti come quello Berbero anzichè andare a cercare le vere cause e i veri mandanti delle stragi.
Le organizzazioni criminali e le mafie, che certamente non sono composte dal popolo Berbero ma bensì da terroristi e mafiosi senza scrupoli sono i veri mandanti morali e materiali della tragedia.
Il popolo Berbero è vittima oggi di conflitti come quello in Mali che la comunità internazionale non è riuscita a risolvere per stessa velata ammissione di chi l'ONU aveva mandato a dirimerli.
Purtroppo questi soggetti quali Prodi sono ben lontani dall'ascoltare le istanze di autodeterminazione pacifica che vengono dall'Azawad e tengono invece che il Mali non cambi i propri confini territoriali.Errando drammaticamente.

Ecco la nota del Professore che condivido in pieno che ci terrei diffondiate il più possibile.



Da  un articolo sul "Corriere" di oggi, Giuseppe Sarcina, per descrivere il mondo che controlla il traffico di immigrati clandestini dalla Libia, parla di  "spezzoni di tribù berbere, milizie che hanno combattuto e rovesciato Gheddafi e, soprattutto, bande di criminali «professionisti», magari ex contrabbandieri di benzina, oggi convertiti a traffici più redditizi: droga, esseri umani."
Cosa vuol dire "spezzoni di tribù berbere"? Il giornalista sa positivamente del coinvolgimento di rappresentanti di comunità berbere della Libia in questa vicenda? Se lo sa faccia dei nomi e cognomi e addossi le responsabilità a chi ritiene colpevole.
Ma dal contesto sembra evidente che il giornalista non ha nessuna vera informazione da fornire e che questa frase non è altro che un "tocco di colore", un di più di selvaggio e malvagio da buttare nel calderone delle lacrime di coccodrillo a buon mercato che oggi caratterizzano le prime pagine dei quotidiani.
Purtroppo  questo uso disinvolto di "berberi" e "tribù berbere" a scopi unicamente emotivi, non è un caso isolato al "Corriere", che non si è invece mai curato di presentare ai lettori la realtà spesso discriminata e a volte addirittura tragica delle minoranze berbere in Nordafrica, e le loro lotte civili e democratiche, che hanno preceduto anche di decenni le "primavere" del 2011.
Mi permetto di osservare che servirsi in questo modo parziale e scorretto del nome di un popolo è di per sé un fenomeno razzistico, che contraddice nei fatti lo spirito di solidarietà sbandierato nell'articolo, e invito la redazione del "Corriere" a vigilare affinché la cosa non abbia a ripetersi.
Cordiali saluti.

Vermondo Brugnatelli
(Presidente dell'Associazione Culturale Berbera)

Ps:un vivo rigraziamento a Rabah Djennadi mio carissimo amico Cabilo Berbero per avermi inoltrato la lettera del Professor Brugnatelli.